Con l’ordinanza n. 18172/2025, la Cassazione ribadisce l’impianto rigoroso del regime probatorio nelle indagini finanziarie fondate sull’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 e in particolare, non basta asserire che i movimenti bancari traggano origine da una vincita al Superenalotto per sottrarsi alle presunzioni di imponibilità, il contribuente deve fornire una prova piena, analitica e specifica per ogni operazione contestata, documentando non solo la fonte del denaro, ma anche la tracciabilità dei flussi.
Vincita al gioco: serve prova analitica contro le presunzioni bancarie
L’Agenzia delle entrate notificava ad un contribuente promotore finanziario, un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006, contestando un maggior reddito imponibile ai fini Irpef, Iva e Irap.
L’accertamento si basava sulle risultanze di indagini bancarie, che avevano evidenziato movimentazioni sospette sui conti correnti del contribuente.
Il contribuente impugnava l’atto davanti alla Commissione tributaria provinciale sostenendo che le somme contestate non derivassero da redditi occultati, ma da una vincita al Superenalotto i cui proventi erano stati affidati a una parente che mano mano gli restituiva gli importi.
La CTP accoglieva il ricorso, annullando l’avviso ma ricorrrendo in appello alla Commissione tributaria regionale l'agenzia risultava in parte vincitrice poichè i giudici riducevano l'importo accertato ritenendo in parte provata la tesi difensiva.
L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per Cassazione, con quattro motivi, tutti accolti dalla suprema Corte.
La Cassazione ha ritenuto contraddittoria e apparente la motivazione della CTR che da un lato ha riconosciuto l’insufficienza probatoria delle giustificazioni fornite dal contribuente, ma dall’altro ha comunque accolto in parte il ricorso.
In particolare, la Corte ha ribadito che per superare la presunzione di imponibilità delle somme versate sui conti correnti, il contribuente deve fornire prova puntuale e specifica della loro provenienza. Nel caso di vincite al gioco, ciò implica l’esibizione dello “scontrino” originale della giocata, non una generica attestazione bancaria.
Nel caso di specie la documentazione prodotta era priva di elementi essenziali mancando:
- il timbro di ricevuta,
- l’indicazione del soggetto che aveva presentato il titolo all’incasso
- la destinazione delle somme.
Inoltre, la parente indicava negava la vinvita ma sosteneva di aver ricevuto somme a titolo di restituzioni di un prestito personale.
La Corte ha inoltre censurato la decisione della CTR per aver considerato giustificati anche versamenti effettuati da soggetti terzi, mai invocati dal contribuente.
La Cassazione ha ribadito che, in base all’orientamento consolidato i redditi dei promotori finanziari devono essere qualificati come redditi d’impresa e la presunzione legale di imponibilità di cui all’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 si applica non solo ai versamenti, ma anche ai prelevamenti non giustificati.
Dovendo quindi il contribuente dimostrare analiticamente la causale di ogni singola operazione bancaria.
L’ordinanza n. 18172/2025 in oggetto conferma l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di accertamenti bancari: in presenza di movimentazioni bancarie anomale, il contribuente deve fornire una prova precisa, documentata e coerente della loro natura non reddituale. Non sono sufficienti le mere dichiarazioni o attestazioni generiche per superare la presunzione legale di imponibilità.